08/02/15
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Il Sud è troppo superstizioso? La vicenda Gom docet
Modica: disamina sul caso della Grande opera di Maria e non solo

L’idolatria, in quanto adorazione di un’immagine o di un oggetto a cui si attribuiscono poteri divini, rappresenta una forma di superstizione

Antonio Guerrieri

Voltaire diceva che «la superstizione sta alla religione come l’astrologia all’astronomia: la figlia matta di una madre saggia». In termini meno originali, la differenza tra fede e superstizione consiste, per grandi linee, nel fatto che si adora chi non si deve o si adora il dio giusto in modo sbagliato. Per esempio l’idolatria, in quanto adorazione di un’immagine o di un oggetto a cui si attribuiscono poteri divini, rappresenta una forma di superstizione. Qual è il motivo per cui si diventa superstiziosi? Difficile rispondere, le cause sono sicuramente tante: retaggi magici e pagani dovuti al fatto che il cristianesimo ha – più che soppiantato – assorbito e modificato le tradizioni religiose preesistenti; l’impreparazione culturale e teologica a interpretare in modo ‘adulto’, o anche solo ortodosso, l’azione soprannaturale di Dio; l’intenso desiderio di «toccare con mano» la presenza del divino nella vita dell’uomo.

La vicenda della Gom potrebbe indurre qualcuno a credere che il meridionale sia incline in special modo alla superstizione. A prescindere dal fatto che la Gom aveva adepti perfino negli Stati Uniti, vediamo se un’idea del genere ha qualche fondamento. Essa è dovuta a tre fattori concatenati: 1) Una forte tradizione cattolica; 2) La congerie di santi da essa partoriti; 3) Il tipo di miracoli compiuti dai santi meridionali (e in particolare siciliani) più importanti, stando alle leggende che li riguardano: si pensi a santa Rosalia, che nel 1625 salva Palermo dalla peste, o a sant’Agata, che nel 252, nel 1669 e nel 1886 protegge Catania dalla lava dell’Etna, e nel 1743 dalla peste. I miracoli attengono sempre alla sfera del soprannaturale, ma in questi casi si tratta di interventi eclatanti (tranne che per la guarigione della madre attribuita a santa Lucia). E in Sicilia alle più importanti (ma talora anche a quelle secondarie) figure di santi si
accompagna il culto delle reliquie, che porta con sé inevitabili rischi di idolatria. Eppure tale culto non è né solo siciliano né solo meridionale. 

Le reliquie di santa Lucia si trovano gelosamente custodite nella chiesa dei santi Geremia e Lucia a Venezia. La Sindone – sia o meno ‘autentica’ – è conservata nel duomo di Torino. Inoltre il culto delle reliquie, per quanto diffuso soprattutto nel cristianesimo (e in particolare nella Chiesa cattolica e in quella ortodossa), esiste anche in contesti non religiosi. Per esempio la salma del compositore Gétry è sepolta nel cimitero parigino di Père-Lachaise, ma il suo cuore è contenuto nella statua bronzea dello stesso Gétry situata di fronte all’Opera Royal de Wallonie a Liegi, sua città natale. Vi sono poi le ciocche di capelli di Lucrezia Borgia conservate nella Biblioteca Ambrosiana di Milano.

Laddove si credesse che i meridionali siano particolarmente superstiziosi perché molto religiosi, va detto che vi sono forme di superstizione meridionali sì, ma slegate dal cristianesimo e in generale dalla religione. Per esempio il fatto di toccare ferro quando un gatto nero ci attraversa la strada: è una cosa che probabilmente risale alla conquista araba della Sicilia avvenuta nel IX secolo d.C., quando le navi attraccavano sulle coste e i gatti, che gli arabi portavano con sé per mangiarli quando il cibo scarseggiava e comunque per combattere i topi presenti nelle imbarcazioni, erano i primi a fuggire via sulle terre dell’isola correndo da tutte le parti. Esiste poi la superstizione legata all’olio versato accidentalmente: nasce verosimilmente dal fatto che l’olio è stato in passato un prodotto molto costoso, specie nei dopoguerra, e andava quindi usato con parsimonia. 

Quando si rompeva una bottiglia d’olio era perciò una disgrazia (economica), che tuttavia poteva essere neutralizzata, o perlomeno combattuta, gettando del sale: sull’olio stesso o dietro le proprie spalle. Forse l’utilizzo del sale come antidoto è spiegabile con il tentativo di contrastare una cosa con un’altra della stessa forza o della stessa natura, un po’ come accade con il vaccino. Vale a dire: opporre alla preziosità dell’olio la preziosità del sale. La variante del gettarsi il sale alle spalle potrebbe poi essere dovuta alla trasgressione del divieto di voltarsi indietro (durante la distruzione di Sodoma e Gomorra) da parte di Sara, moglie di Lot, che diventò così di sale (da cui anche il detto «restare di sale»). Molti sono inquietati anche dai numeri 13 e 17, accoppiati o meno al venerdì. 

Difficile indicarne l’origine. Per quanto riguarda il venerdì 17, forse la cosa nasce da un venerdì 17 del Trecento in cui Filippo IV detto «il Bello», re di Francia dal 1285 al 1314, diede l’ordine di uccidere tutti i Templari presenti nel suo regno. Si temono inoltre sette anni di guai se inavvertitamente si rompe uno specchio. Probabile motivo: lo specchio riflette la nostra immagine e quindi, simbolicamente, la nostra identità. Se si rompe è come se si rompesse in noi la capacità di vederci esistere, suscitando quindi la paura del nulla, della morte.

Certo, forse il fatto di vivere in paesi medio-piccoli può agevolare la superstizione, religiosa o meno, ma ciò accade perché essa, quando esiste, viene di solito traghettata dai genitori ai figli, i quali poi, raggiunta una certa maturità e autonomia di giudizio, possono (o almeno dovrebbero poter) decidere se liberarsene per spostarsi verso una religione più sobria e meditata o per abbandonare qualsiasi religione. Il fatto di vivere in piccole realtà oppresse da luoghi comuni radicati e sonnolente o addirittura morte dal punto di vista culturale non aiuta certo a pensare in modo indipendente e critico rispetto alla cultura religiosa in cui si è stati allevati.

Alcuni poi pensano che la superstizione venga usata dalla Chiesa per i propri fini. In realtà la superstizione spesso non viene «usata» dalla Chiesa, ma più che altro «assecondata» per non mortificare e allontanare quote più o meno consistenti di fedeli. È il caso, per esempio, di san Gennaro, santo che non si sa nemmeno con certezza se sia esistito, e che dopo il Concilio Vaticano II la Santa Sede voleva depennare dal calendario ufficiale. Spesso però è la Chiesa stessa a condannare le credenze superstiziose. Per esempio, quando nel 2001 ci fu un’intensa e prolungata eruzione dell’Etna, i fedeli di Nicolosi chiesero all’arcivescovo Bommarito di portare in città il velo di sant’Agata, ma il prelato invitò i fedeli a pregare e a non considerare magico il velo. 

Inoltre nel febbraio 2008 la Santa Sede accusò eBay di praticare un «commercio blasfemo», perché sul noto sito internet era possibile acquistare (per centinaia e perfino migliaia di euro) presunte reliquie addirittura della Croce di Gesù, della Madonna, di san Pietro, san Paolo, della colonna della flagellazione. Anche la cautela della Curia sulle presunte apparizioni mariane a Medjugorie va in questa direzione. A volte, non lo si può negare, alcune pratiche e considerazioni della Chiesa lasciano perplessi, come le messe in suffragio a pagamento o certe forme di venerazione per salme e reliquie. 

Nella primavera del 2008 furono riesumate le spoglie di Padre Pio e il vescovo di san Giovanni Rotondo disse che le mani del frate sembravano «appena trattate da una manicure», linguaggio che lo scrittore Claudio Magris definì senza mezzi termini «sconcertante» . È difficile giudicare la qualità della fede di chi attende la liquefazione del sangue di san Gennaro o di chi lancia banconote da 50 euro nella stanza di Padre Pio a san Giovanni Rotondo, quello che i fedeli hanno nel cuore lo sanno solo loro e sarebbe poco utile dileggiarli e deriderli. 

Tuttavia poggiare un’ostia su un cordless come rituale che consenta di comunicare con Dio è indice di una spritualità primordiale, di una sensibilità religiosa meccanica e vicina alla magia divinatoria, tale da far rimpiangere perfino Padre Pio, che delle proprie stimmate si vergognava. Non per nulla la Gom è stata duramente condannata dai vescovi della diocesi di Noto. Oltretutto la setta ispicese-modicana non è neppure molto originale, sol che si pensi a ‘esperimenti’ molto più estremi come il movimento raeliano, secondo cui il racconto biblico del Genesi racconta del progetto di colonizzazione della Terra, ed è stato mal tradotto e completamente frainteso: Dio non esiste; Elohim è un nome plurale e non indica un dio, ma «coloro che vennero dal cielo»; noi uomini siamo frutto dell’ammutinamento di una delle equipe di scienziati extraterrestri incaricati di creare i primi esseri umani in laboratorio utilizzando avanzate tenciche di
ingegneria genetica. 

L’equipe disobbediente – che si chiamava Serpente ed era condotta da uno scienziato di nome Lucifero – aveva impartito lezioni di argomento scientifico ai giovani Adami e Eve, e per punizione fu esiliata sulla Terra, dove gli scienziati extraterrestri si accoppiarono con le proprie creature. Nel anno in cui si celebra il centenario della nascita di Charles Darwin, ci si può solo augurare che fenomeni come la GOM non facciano apparire i siciliani come dei creduloni medievali, e che alle ‘rivelazioni’ di santoni e veggenti si preferisca la lettura della Dei Verbum (costituzione dogmatica sulla divina rivelazione elaborata in seno al Concilio Vaticano II) e dell’enciclica Fides et Ratio, magari alternandola a quella dell’Origine delle specie di Darwin e del Dialogo sopra i massimi sistemi di Galileo.

http://corrieredira gusa.it/public/ articoli/ 5622-il-sud- e-troppo- superstizioso- .asp



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